Contraddizioni moderne: “lavoro senza retribuzione”
Non so voi, ma io sono piuttosto stanca. Anni fa, essere freelance forse poteva significare libertà dai vincoli, libertà di poter scegliere che lavori seguire, in quali modalità e secondo i tempi più opportuni. Oggi non credo sia più così.
Da quando ho iniziato, è sempre stato tutto molto difficile. Non certo per mancanza di volontà o dinamismo, anzi. Al grande entusiasmo dimostrato, quasi mai è corrisposta adeguata gratitudine. Basta leggere gli annunci di lavoro… se così ancora possiamo chiamarli. Come si fa a definire lavoro uno “stage”? All’università, ci spiegarono che lo stage sarebbe stato molto utile durante gli studi o appena laureati per “fare pratica” e familiarizzare con la professione che ciascuno di noi avrebbe desiderato intraprendere. Un tirocinio, insomma. Cui magari sarebbe seguita un’assunzione, chissà. Questa la definizione del termine su dizionari.corriere.it:
Stage: Periodo di formazione e di apprendistato, dopo gli studi o prima di un’assunzione, che si trascorre in un ufficio, in un reparto, in una scuola o sim. per imparare l’attività o la professione che vi si svolge | SIN tirocinio; anche, seminario di aggiornamento.
Questa, invece, la definizione del termine “lavoro” (sempre tratta dal sito dizionari.corriere.it, punto 2):
Lavoro: Occupazione specifica che prevede una retribuzione ed è fonte di sostentamento; esercizio di un mestiere o di una professione: posto di l.;perdere il l.; estens. il luogo in cui si lavora: tornare dal l.; trovarsi al l. || l. a domicilio, attività che il lavoratore svolge nella propria abitazione |secondo l., svolto a integrazione dello stipendio del l. principale | lavori socialmente utili, occupazione temporanea finanziata dallo stato o da altri enti pubblici tesa a fornire servizi di assistenza ad anziani, malati ecc. | l. a cottimo, prestazione remunerata in base alla quantità di prodotto eseguito |l. in affitto, prestazione d’opera temporanea fornita tramite una società specializzata.
Siamo talmente abituati a leggere la parola “stage” che quasi abbiamo dimenticato l’enorme differenza concettuale che esiste tra “imparare un’attività” ed “esercitare una professione”. Soprattutto, sembra che le aziende abbiano perso di vista l’elemento chiave: la retribuzione.
Non passa giorno senza leggere annunci tipo:
“Cerchiamo copywriter per la nostra agenzia, con contratto di stage. Non è prevista retribuzione”
Ho utilizzato il termine copywriter per restare nel mio ambito, ma potremmo tranquillamente sostituire con qualsiasi altra professionalità: designer, programmatore, account, addetto stampa, addetto di segreteria, parrucchiere, panettiere… Nessuno è ormai escluso da questa pessima abitudine di pretendere senza alcuna garanzia.
Leggendo tutto l’annuncio, infatti, ecco i requisiti richiesti: ottima capacità di scrittura in italiano/inglese/spagnolo/portoghese/arabo/cinese/russo, ottima capacità grafica, di programmazione, montaggio video, pubbliche relazioni, gestione contabilità, possibilmente automuniti, disposti a lavorare su turni, flessibili, dinamici, sorridenti… Sì, mi viene davvero da ridere, in effetti.
Cerchiamo un copywriter tuttofare. Possibilmente gratis.
Praticamente, dietro la parola “copywriter” si cerca un tuttofare. E mettiamo anche che il candidato sia così brillante e capace da soddisfare i 3.976 requisiti richiesti… dovrebbe pure sorridere GRATIS? Senza nemmeno un rimborso spese?
Oppure, altro caso frequente, dovrebbe scrivere articoli di 500 parole per 3 euro? Non vorrei dirvelo, care aziende che proponete ciò… ma per scrivere un articolo di 500 parole serve quasi un pomeriggio di lavoro, tra ricerca, impostazione dell’argomento, scaletta, stesura provvisoria e revisione del testo. Certo dipende dal tema, ma a meno che non si scriva qualcosa tipo “Il sole splende alto, il cielo è azzurro“, solo un robot potrebbe scrivere un articolo di 500 parole (e più) in 10 minuti. Un caso a parte la consulenza: anche le idee si pagano, ma c’è chi ancora non l’ha capito.
Tra l’altro, rivolgo un pensiero a chi ci governa: tra le vostre riforme… ricorderete, un giorno spero non troppo lontano, che esiste anche la fascia di giovani-non-più-tanto-giovani-ma-neanche-tanto-vecchi, tra i 30 e i 40 anni per intenderci, che resta sempre fuori da qualunque provvedimento? Gente che, a quest’ora, magari ha avviato una famiglia e non sa come sostenere i figli o che avrebbe voluto crearla, ma se continua a ricevere proposte di “lavoro senza retribuzione” può benissimo allontanare il pensiero?
Infine: non si discute sul fatto che la gavetta è essenziale, ma da professionista, oggi, chiedo rispetto: chiedo non venga calpestata la mia dignità. Perché non è umano richiedere lo svolgimento di un lavoro, qualunque esso sia, dicendo chiaramente “noi non possiamo pagare”. Se non potete pagare, la decisione più saggia sarebbe una soltanto: continuare a gestire la vostra attività da soli. Abbiamo iniziato tutti a lavorare gratis o per pochi spicci, ma il tirocinio deve rappresentare un periodo limitato. Invece si persevera e questo è il guaio. Si continua a parlare di “stage” anche quando il candidato è più vicino alla pensione che alla laurea.
Cara azienda, non puoi pagare? Sarei più contenta se mi regalassi 10 bottiglie di latte. Almeno ho la colazione assicurata. E se cerco di spiegarti il mio punto di vista, per piacere… non sparire nel nulla e abbi almeno il coraggio di sostenere la conversazione, se credi di avere ragione.
“Lavoro senza retribuzione”. Una contraddizione di termini moderna. Pensateci. #nofreejobs
Hai ragione in pieno. Sono stanco anche io di leggere gli annunci di lavoro. Posso fare l’esempio del web designer a cui si chiede di conoscere ogni programma e linguaggio esistente.
Sulle retribuzioni nella scrittura gli annunci sono osceni. Il fatto è che oggi si va al risparmio, ma non sanno che risparmiando sui testi da mettere online stanno anche risparmiando sul loro brand online?
Giorni fa ho letto un annuncio di lavoro che si concludeva così: “la collaborazione è da intendersi a titolo gratuito”. Ah, sì? E perché?
Sulla questione dell’età è da calare un velo pietoso. Ai TG quando parlano di disoccupazione includono i 15enni ed escludono i 40enni. Ti pare logico?
Ciao Daniele, grazie mille per il tuo commento. Hai scritto bene: no, direi che non c’è logica. Il problema di fondo è che ieri eravamo “giovani” (secondo gli attuali standard…) e aspettando tempi migliori siamo invecchiati. Teoricamente, però, saremmo in “lista d’attesa” da diverso tempo. In attesa di un cambiamento vero, in attesa che si recuperi un po’ di sana concretezza… lavorando con le parole, siamo in grado di comprendere quante ne siano sprecate, ogni giorno, senza giungere a conclusioni pratiche e, soprattutto, senza avere davvero l’idea di quale sia la realtà.
Sì, di parole ne hanno sprecate parecchie. È da quando sono nato che sento parlare di combattere la disoccupazione e l’unico risultato che si è visto è che è aumentata.
Penso che ci voglia una legge seria sugli annunci di lavoro:
– Nome dell’azienda e del responsabile del personale scritti in chiaro
– Riferimenti dell’azienda: telefono, sito
– Chiarezza dell’annuncio
– Divieto di richiesta di lavoro a titolo gratuito
Ma prima bisogna insegnare alle azienda a scrivere gli annunci di lavoro, perché non se ne può più di aziende leader giovani e dinamiche e altri copia-incolla indecenti.
Sono pienamente d’accordo.
Sempre la stessa storia che non cambierà mai, nei secoli dei secoli. Non è sicuramente una buona motivazione per abbattersi e, infatti, andiamo avanti, cercando di creare progetti personali, interessanti e con un ritorno economico 😉 È molto raro che io guardi un annuncio. Nella migliore delle ipotesi cercano persone giovanissime con chissà quanta esperienza ovviamente non pagate con la promessa di un futuro nella stessa azienda, per poi essere licenziate dopo lo stage, tirocinio e qualsiasi altra stupidaggine possa essere. E purtroppo è successo!
Per non parlare poi di potenziali clienti che ti fanno andare in azienda più volte, dicendoti di aggiustare il preventivo in questo o in quel modo per avere il lavoro e poi non si fa sentire più nessuno. Provi a chiamare ma è impegnato di qua e di là.
Insomma potremmo stare qua anni a parlarne. Ogni tanto ci sta il momento lamento, ma non credo cambierà mai qualcosa. Nei secoli dei secoli.
Grazie Vincenzo, sì in effetti non si può essere molto ottimisti al momento… le opzioni che di solito si presentano sono proprio quelle che hai elencato. Ogni tanto parlarne, però, aiuta a sdrammatizzare… visto che siamo tutti sulla stessa (e precaria) barca 😉
ma grazie al cielo tu sei una di quelle persone che cerca di trovare una soluzione 😉
Grazie per l’apprezzamento 🙂 Diciamo che provo, nel mio piccolo, ad essere attiva… speriamo che a furia di coltivare idee… si raccolgano buoni risultati!