“Wake-up talk, colazioni del nuovo abitare” – Progetto ZUP
“Wake-up talk, colazioni del nuovo abitare” è il nuovo concept promosso da ZUP – The recipe for change, atelier di servizi per l’innovazione strategica e la partecipazione. Solo una tra le mille idee lanciate dall’instancabile founder Noemi Satta, esperta di progettazione territoriale e facilitazione.
Il primo appuntamento con le Wake-up talk si è svolto giovedì 5 maggio ed è stato un successo (puoi vedere alcune immagini sulla pagina Facebook Progetto Zuppa). Così, ho chiesto a Noemi di raccontarmi qualcosa in più sul format e, in particolare, sugli obiettivi di questa originale iniziativa.
1. Ciao Noemi, grazie per aver accolto il mio invito. Cosa sono le Wake-up talk e com’è nata l’idea?
Le Wake-up talk sono degli incontri curati, per piccoli numeri, in un tempo definito (un’ora e mezza), svolti in un bar, con un buon caffè ad accompagnare le discussioni. Volutamente non uno spazio né un tempo classico di formazione, ma un contesto altro, dove prima di tutto sentirsi a proprio agio, per costruire anche grazie allo spazio relazioni di incontro e di scambio.
Si tratta di un format nuovo, di costruzione di contenuti, di scambio di esperienze, con cura particolare data all’ascolto reciproco, ai tempi (curioso in un momento in cui tutti ci lamentiamo di non avere il tempo sufficiente per fermarsi, selezionare, approfondire), alla facilitazione, allo sviluppo del pensiero laterale, partendo dal presupposto che una cornice e una conduzione light ma presente possano favorire lo scambio di idee e il fatto che dallo scambio emergano nuove domande o nuove soluzioni.
L’idea nasce dal bisogno di sperimentare modi diversi di costruire comunità di apprendimento e dalla voglia di approfondire molti dei temi che ZUP in questi anni ha portato avanti sul fronte dell’abitare.
2. Dove si svolgono le Wake-up talk e quanto è importante la scelta della location per progetti di questo tipo?
Il set dello spazio non è casuale. Il bar (in questo caso il Café Gorille a Milano) è un luogo dove ci concediamo pause, dove scambiamo idee, dove ci svegliamo con un caffè.
Un contesto ibrido di scambio, di intensità e di rilassatezza. Senza presentazioni in digitale, senza computer, con strumenti ed esempi solo analogici: il racconto e qualche pezzo di carta, per iniziare in modo concreto, come a colazione, un discorso.
3. Ci sono ancora realtà che credono poco nella “co-progettazione”: come riesci a coinvolgere i più diffidenti?
Difficile convincere chi non crede negli strumenti e nelle metodologie per la progettazione e per la formazione collaborativa, se non facendo provare, in modo diretto, quali sono i vantaggi e i benefici. Questa delle colazioni è già un assaggio di modalità di lavoro collaborative, che in modo leggero costruiscono possibilità diverse di scambiare e di ragionare su temi comuni.
4. Nord e Sud a due velocità… anche quando si parla di partecipazione? Quali sono le tue impressioni?
Personalmente penso che l’Italia su questo sia unita: partecipazione è un termine “elastico” interpretato dalle diverse categorie (politici, cittadini, organizzazioni di rappresentanza, diversi stakeholder comunitari, etc) in modi sempre diversi e originali. Posso dire che parte del mio lavoro è proprio spiegare che se parliamo di partecipazione, stiamo parlando di responsabilità, di scelta, di coproduzione, di azioni condotte in prima persona, anche dai cittadini.
E dunque si capisce che in ogni caso, se si parla di partecipazione, si parla di potere, e della sua redistribuzione. Non fare liste della spesa dunque, da passare al politico (“ecco mi serve questo, adesso pensaci tu”), non costruzione del consenso da parte del politico, con l’aiuto del facilitatore, per far digerire scelte o progetti difficili alla cittadinanza, non demagogiche battaglie per influenzare una fetta di elettorato. Ma, semplificando, assunzione di responsabilità e riappropriazione degli spazi.
Siamo disposti a fare ciò? In tal caso siamo pronti a fare partecipazione. Tutto il resto, può essere ugualmente interessante, in ogni caso: può avere a che fare con la trasparenza, con l’informazione, con la comunicazione, anche con la formazione e l’alfabetizzazione della cittadinanza. Con il reimparare a cooperare, che in fondo è la base per pensare di poter fare partecipazione.
5. Progetti futuri: pensi di ripetere le Wake-up talk prossimamente? Sceglierai nuovi temi e/o territori?
Abbiamo concluso da poco le tre colazioni della prima serie, tutte dedicate, per questa prima edizione, alle sfide e alle trasformazioni dell’abitare.
Sono ideate e organizzate da ZUP (in questo caso il gruppo di lavoro è costituito da me e da Inge de Boer che collabora con ZUP su queste e altre attività, e da Arianna Innamorati, che sostiene al bisogno la produzione dei materiali di comunicazione), ma abbiamo voluto costruire una forte alleanza con Legacoop abitanti, in collaborazione con partner diversi tra i quali BuonAbitare, Fondazione Housing Sociale, Ferruccio Degradi, UniAbita, Metropolitana Milanese, DarCasa e Sunia (Sindacato Unitaro Nazionale Inquilini ed Assegnatori), tra gli altri.
Prossimamente faremo nuove Wake up talk, dedicate sempre all’abitare, magari in altre città, e dedicate ad altri temi: tra quelli che ci stanno più a cuore l’innovazione in ambito culturale, la partecipazione e la rigenerazione urbana. Ci lavoreremo durante l’estate, e in autunno inizieremo a promuoverle. State collegati sul blog e sul fb di ZUP, per saperne di più.
6. In quali fasi ideali può essere suddivisa una Wake-up talk? (giusto per immaginare lo svolgimento di un incontro)
Va detto che le WUT sono tutte curate nei contenuti, con incontri singoli (che precedono le colazioni), con i diversi partecipanti, selezionati in base alle esperienze di ognuno di loro (finora sono state a numero chiuso, proprio per mantenere cura dei contenuti e dei tempi, che ritornando al set di questa esperienza, è una delle dimensioni fondamentali).
Ogni colazione ha un intervento di apertura, e un primo giro di tavolo, di domande o di commenti. La discussione prosegue, a seconda dei tempi, e poi volge verso la conclusione (in circa 2 ore).
Si può parlare di innovazione, anche davanti a un caffè e con qualche biscotto fatto in casa. Si può parlare di un tema fondamentale come l’abitare, anche in un’atmosfera rilassata e accogliente di un bar, mettendo intorno a una colazione, un ristretto numero di persone, e seguendone le parole, i tempi, i ragionamenti. – fonte: CS ufficiale dell’evento by ZUP.
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Conosco Noemi già da qualche anno e chissà quante volte le ho ripetuto che adoro i suoi progetti e il suo modo di lavorare. La sua filosofia operativa è molto simile alla mia e, leggendo l’intervista, si comprende quanto sia importante sperimentare e confrontarsi per innovare. Grazie di cuore Noemi!