Persone oneste in un mondo ingiusto
Essere persone oneste in un mondo ingiusto è una condizione che accomuna tutti coloro che scelgono di vivere e lavorare rispettando le regole, senza cercare scorciatoie e, soprattutto, senza calpestare gli altri.
Una battaglia impari, in cui l’onestà ha come avversari quotidiani l’opportunismo, la furbizia, l’arroganza. Il nemico n.1 delle persone oneste, specie di quelle in difficoltà, è la burocrazia ostica, coordinata da una classe dirigente sempre più lontana dalle reali esigenze dei cittadini. Paradossalmente, chi ha il compito di tutelare e dare risposte, si rivela il principale responsabile di palesi iniquità e sofferenze.
A tal proposito, vorrei menzionare 3 film significativi: “Io, Daniel Blake”, “Io sono Mia” e “L’ora legale”.
Trovo abbiano un filo conduttore che li unisce: il desiderio di rivendicare i propri diritti, di essere ascoltati, accettati e rispettati come esseri umani, incapaci di scendere a compromessi e barattare i propri ideali.
Persone oneste e inclusione sociale: “Io, Daniel Blake”
Il film “Io, Daniel Blake”, diretto da Ken Loach, ha vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes 2016.
La narrazione semplice, così reale da raggiungerti quasi come un pugno nello stomaco, offre molti spunti di riflessione: cosa significa essere cittadini e sentirsi parte di una comunità? Quali sono le politiche sociali che aiutano davvero chi ha bisogno? Siamo certi che siano inclusive nei fatti e non soltanto a parole?
Blake è un onesto falegname di 59 anni. A causa di un problema cardiaco, deve smettere di lavorare ed è costretto a inoltrare una richiesta di sussidio. Il film inizia con una telefonata surreale, in cui un’addetta X, che si autodefinisce “professionista della sanità”, si oppone al riconoscimento dell’invalidità.
Senza stipendio e senza sussidio, il povero Daniel prova a fare ricorso e domanda per la disoccupazione (unica via per ottenere un supporto economico). Parte, così, un iter burocratico pieno di contraddizioni, che lo mortifica e lo sfianca, giorno dopo giorno. Tra l’altro, qualunque modulo dev’essere compilato online. Daniel non sa utilizzare il computer, nessuno comprende la sua difficoltà, nessuno vuole aiutarlo.
La scena in cui tenta di capire come funzioni il mouse, senza riuscirci, è l’esempio pratico (e molto triste) di come una burocrazia arida e discriminatoria, insieme a una comunicazione inefficace, abbiano il potere di rendere difficili cose facili. L’unico risultato che si ottiene è quello di umiliare chi non ha la possibilità (o le competenze) per adeguarsi alle rigidità di un sistema ottuso e per nulla inclusivo.
L’onestà, la tenacia, la nobiltà d’animo di quest’uomo semplice, in cerca solo d’ascolto e di giustizia, traspare in pieno da una lettera, rivolta alla commissione incaricata di esaminare il suo ricorso:
«Non sono un cliente, né un consumatore, né un utente. Non sono un lavativo, un parassita, un mendicante, né un ladro. Non sono un numero di previdenza sociale, o un puntino su uno schermo.
Ho pagato il dovuto, mai un centesimo di meno, orgoglioso di farlo. Non chino mai la testa, ma guardo il prossimo negli occhi e lo aiuto quando posso. Non accetto e non chiedo elemosina. Mi chiamo Daniel Blake. Sono un uomo, non un cane; come tale esigo i miei diritti, esigo di essere trattato con rispetto.
Io, Daniel Blake, sono un cittadino. Niente di più e niente di meno». – cit.
Sono sempre le persone oneste a doversi giustificare, mentre i furbi proseguono la loro corsa indisturbati. Il titolo del mio articolo trae ispirazione dal momento in cui Daniel osserva sconsolato la commissione, dicendo, più o meno, “Quelle persone hanno in mano la mia vita”. Non c’è molto da aggiungere.
Onestà, ideali e carriera: “Io sono Mia”
Il film dedicato alla cantante Mia Martini, “Io sono Mia”, sintetizza il percorso tortuoso di un talento non valorizzato: quello di una donna indipendente e anticonformista, di un’artista che ha lottato per rimanere se stessa nonostante i pregiudizi, le calunnie, il mancato sostegno dell’industria discografica e poi del suo pubblico. Vittima di una campagna denigratoria vergognosa, che non conoscevo nei dettagli.
Che amarezza scoprire il motivo principale per cui la sua carriera è stata offuscata: “porta sfortuna”, dicevano. Trovo assurdo anche solo pensarlo. Il film è un mix di realtà e invenzione: è la stessa Mia a raccontare la sua vita a una giornalista, in occasione del Festival di Sanremo 1989. Anno in cui ritorna sulle scene, con il brano “Almeno tu nell’universo”, e vince il premio della critica. La sua rivincita.
Nasce spontanea la domanda: per apprezzare qualcuno, per riconoscere chiaramente le sue qualità, dobbiamo sempre aspettare che ci abbandoni? È la solita storia: prima si attende che il ponte crolli, poi si inizia a parlare di manutenzione… una sequenza temporale perfetta (!).
Essere persone oneste è una strada in salita: “L’ora legale”
Ficarra e Picone sono i protagonisti della commedia “L’ora legale”, vincitrice di 2 Nastri d’Argento (2017). Al centro una campagna elettorale, che vede contrapporsi il sindaco uscente (simbolo di corruzione e malaffare) e un nuovo candidato, un professore integerrimo, animato da grandi valori.
A sorpresa, vince proprio quest’ultimo, la cui promessa è consegnare alla cittadinanza un paese migliore, più pulito, ordinato, rispettoso del prossimo e delle regole. La narrazione è pungente: siamo veramente in grado di agire al meglio come predichiamo? Siamo sicuri di essere pronti ad abbracciare il cambiamento che sogniamo? O, quasi quasi, chiudere gli occhi risulta più comodo?
Essere onesti è una strada in salita perché la legalità è frutto di impegno, prima di tutto personale. Spesso, per esempio, ci si lamenta per una macchina parcheggiata in doppia fila… senza rendersi conto che, alla prima occasione, si è portati compiere la stessa azione. Il buon esempio si alimenta con il buon esempio e un mondo ingiusto può avere una speranza di recupero solo se ciascuno è felice di fare la propria parte, motivato da una sana autocritica. In caso contrario, abbiamo soltanto buoni propositi.