“Fare rete” in modo costruttivo
Ho utilizzato le virgolette sul termine “fare rete” per aggiungere un tocco d’ironia. Spiego il motivo: ovunque, ormai, possiamo leggere articoli, o assistere a convegni, in cui viene esaltata l’importanza delle relazioni in qualunque tipo di business. Dobbiamo dialogare, creare team produttivi, scambiare opinioni online e offline. Peccato, però, che le belle parole non siano sempre seguite dai fatti.
Oggi abbiamo bisogno di concretezza, siamo stanchi di false promesse, aspettative mancate e vari “blablabla”. Condivido, quindi, alcune mie riflessioni a riguardo, scaturite da esperienze recenti.
Fare rete… e con chi?
Ho più volte sottolineato che un buon lavoro di gruppo (possibile solo se si presta la dovuta attenzione alla comunicazione interna) è il punto di partenza per il raggiungimento di qualsiasi obiettivo. Tuttavia, dobbiamo ammettere che non è così semplice, né così scontato, costruire una community o un team attivi e affiatati. Se poi si lavora in piccoli territori… ancora peggio.
Ci si guarda con sospetto: molti ritengono che avviare una collaborazione significhi perdere chissà quali privilegi, invece di acquisire opportunità! La chiusura maggiore arriva proprio da realtà che dichiarano di impegnarsi a “fare rete sul territorio”. Ma… se il gruppo si allargasse, cosa perdereste esattamente?! Uno scenario davvero triste, che mi lascia senza parole.
Perdo parecchio tempo a scrivere testi personalizzati, proprio perché rispetto i miei interlocutori e i progetti che inoltro sono studiati su misura, per specifici destinatari. Mi aspetterei, di conseguenza, un feedback, un’impressione anche breve su quanto presentato. Purtroppo tutti i miei sforzi cadono sovente nel vuoto. Penso, con disappunto, che tutta questa voglia di “fare rete” in verità non ci sia.
Una cosa che ripeto continuamente ai miei clienti è questa: qualunque sia la tua risposta, positiva, negativa, incerta… rispondi sempre. È una questione di rispetto, soprattutto se chi ti scrive o ti telefona o ti manda piccioni viaggiatori, si rivolge chiaramente a te e solo a te. Un motivo d’orgoglio! Eppure… ho compilato una lista con tutte le mancate risposte e posso dire che sta diventando lunghissima. Ciò rallenta il mio lavoro e, diciamolo, nega la nascita di nuove collaborazioni.
Autoreferenzialità e opportunismo, nemici del networking costruttivo
Sui social network le cose non vanno meglio. Mi sono iscritta a Twitter circa 6 anni fa e, ultimamente, le dinamiche sono molto cambiate. Prima si dialogava, si aveva curiosità di leggere gli articoli altrui e commentarli. Ho addirittura avviato progetti con altri professionisti! (alcuni, ora, sono anche amici).
Oggi si va di fretta, ci sono troppi contenuti, nessuno cerca l’altro con genuina curiosità o interesse per ciò di cui si occupa. Ci si concentra solo su cerchie ristrette, ci si chiude in “nicchie”, in cui non c’è più spazio per nuove leve. Scrivi un tweet con una domanda, un’opinione? Raramente ricevi riscontro. Non solo: molti tra quelli che utilizzano le magiche parole “fare rete”, sono gli stessi che seguono pochissime persone perché preferiscono dialogare con la loro nicchia.
Su Facebook, ugualmente, si saltano a priori determinati contenuti (perché ritenuti noiosi) e si tende a chiedere l’amicizia a chiunque, solo per allargare la propria sfera d’influenza, non per alimentare una conversazione con quel contatto. Ecco, queste non mi sembrano le premesse ideali per creare un network solido. Si rischia di parlare dal piedistallo, rivolgendosi ai soliti noti e perdendo la possibilità di conoscere realtà diverse e interessanti. Posso dire che ne esistono parecchie.
Conclusioni
Non si dovrebbe interagire con le persone per ottenere qualcosa, ma perché si ha voglia di allargare i propri orizzonti. Altrimenti è solo piaggeria, che accresce la convinzione (di alcuni) di essere i migliori. Sarà per questo che in molti snobbano a prescindere le idee altrui? Sarà per questo che nessuno è disposto al confronto? Ecco perché ho utilizzato le virgolette nel titolo.
“Fare rete” ha senso se si ha voglia di partecipare e costruire, se si tende la mano a chi dimostra di avere qualcosa da dire. Anche se non fa parte del grande gruppo di “illuminati” a cui molti credono di appartenere. Se si ignora a prescindere il lavoro altrui e ci si concentra solo sulla propria attività, cercando approvazione e applausi per sé e stop, si chiuderà la porta in faccia a potenziali buone intuizioni, amici e colleghi che potrebbero arricchire il nostro percorso e la nostra rete (appunto).