Essere professionali, essere umani: una riflessione sul tema

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Photo by Joanna Kosinska on Unsplash


Cosa significa essere professionali oggi? Partecipare come relatori a prestigiosi convegni? Gestire progetti complessi? Vestire eleganti? Scrivere libri? Condividere i propri successi sui social network?

Chi esercita la libera professione ha bisogno di curare l’immagine personale, promuoversi, cercare sempre nuove occasioni per accrescere la visibilità e migliorare il curriculum. Questo è certo.
Anche chi lavora in azienda, da dipendente, deve dimostrare competenza e voglia di progredire.

Nonostante ciò, ritengo accessorio quanto elencato sopra. Sono convinta, infatti, che valutare la professionalità da un unico punto di vista sia ingiusto, per una serie di motivi che proverò a spiegare.

Essere professionali (tra merito, opportunità e contesti)

Parlo spesso di opportunità, è un chiodo fisso. In un vecchio articolo sul tema, infatti, ho scritto:

Quanto sono importanti, nella vita, le opportunità?
[…] Non tutti hanno le stesse occasioni, gli stessi strumenti, la stessa libertà di scegliere.

La mia mission è proprio quella di dare voce a realtà che hanno molto da dire, ma poche occasioni per farlo, sia per mancanza di risorse, sia perché inserite in contesti difficili.

È importante valutare la professionalità in base allo scenario in cui ci si trova perché, a parità di meriti, l’ambiente circostante influisce sulla gestione del lavoro e sui risultati (pensiamo all’efficienza dei trasporti, alla qualità della connessione internet, ai servizi offerti su territorio, alla mentalità locale).

Un’impressione sbagliata pregiudica spesso la valutazione d’insieme: se è vero che “l’occhio vuole la sua parte”, sappiamo anche che “l’abito non fa il monaco”. Di conseguenza, prima di criticare qualcuno, sarebbe meglio conoscere il percorso professionale all’interno del contesto di riferimento, senza lasciarsi influenzare dalle etichette, dai selfie, dai like ricevuti, dalla quantità di slide condivise.

Non dimentichiamo, inoltre, eventi che possono rallentare un percorso e affaticare la quotidianità.
L’assenza di un professionista alla manifestazione X, per dire, non dovrebbe rappresentare un elemento discriminante. Il motto “se non sei visibile non esisti” è fuorviante, esclude, è discriminatorio a priori.

Professionalità e personalità: a ciascuno il suo stile

Essere professionali, a mio parere, significa anche rispettare il proprio modo di essere. Un esempio? Si è diffuso l’impiego dei video come strumento di lavoro: ottima scelta se si ritiene che YouTube, Vimeo ecc. siano canali adatti al proprio modo di comunicare. Pessima decisione, invece, seguire solo una moda.

Ogni strategia comunicativa dovrebbe rispecchiare lo stile a cui si appartiene: sperimentare è un diritto, non un obbligo. Ritenere “professionista di serie B” chi, per esempio, non utilizza Instagram… è assurdo!

Io ho concentrato l’attenzione sul mio blog per condividere idee, progetti di lavoro, consigli e risorse utili. Twitter, invece, è lo spazio social che preferisco per informarmi e creare connessioni. Decisioni precise, in linea con la mia personalità introversa. Una caratteristica svantaggiosa? E perché?

Ritengo si possa essere professionali e carismatici anche senza fare troppo rumore. Ciascuno di noi dovrebbe valorizzare le proprie specificità, senza timore di apparire poco brillante. La scomparsa del conduttore tv Fabrizio Frizzi penso sia stata un esempio in tal senso: l’affetto del pubblico ha dimostrato che un professionista competente, garbato, sensibile, mai sopra le righe… può lasciare il segno.

La cosa più importante è restare umani

Va da sé che il mio concetto di professionalità è legato più alla sostanza che all’apparenza.

Mi dispiace vedere gente preparata, con anni di carriera alle spalle, sminuita – a parità di esperienza – da chi ha più mezzi, una personalità più estroversa o, in alcuni casi, più sfacciata. La Rete è una grande risorsa, ma ha scatenato una terribile competizione, oltre alla perdita di senso critico. Oggi, in linea generale, va avanti il più furbo, il più spavaldo, il più ricco, il più popolare. Una logica che non accetto.

Puoi essere un genio, ma se l’arroganza arriva prima della tua preparazione… il successo che avrai sarà sempre relativo. Essere professionali significa mostrarsi “sempre invincibili e collezionare trofei”? (espressione tratta dalla canzone “Esseri umani” di M. Mengoni) Secondo me è l’esatto contrario.

Per rispondere alla domanda iniziale, direi che essere professionisti oggi significa difendere la propria personalità e lavorare con serietà, onestà, cura e rispetto (requisiti intramontabili), ovunque ci si trovi e con i mezzi a disposizione. La professionalità si misura con la capacità di comportarsi al meglio in ogni caso e di restare umani al di là delle statistiche e delle richieste di omologazione esterne.

[…] Sono tutti in gara e rallento, fino a stare fuori dal tempo
Superare il concetto stesso di superamento mi fa stare bene.

– cit. “Ti fa stare bene”, di Caparezza