Chi non ascolta, non comunica
Parliamo tanto di comunicazione, di quanto sia importante capire e farsi capire: a casa, a lavoro, durante una conversazione telefonica, scrivendo un’email o una lettera. Sono convinta, però, che il problema principale sia la mancata predisposizione all’ascolto attivo.
Chiediamoci: quando l’altro si rivolge a noi e comunica qualcosa… lo ascoltiamo veramente?
Siamo distratti, disinteressati o egoisti?
I social network hanno moltiplicato, senza dubbio, le opportunità d’interazione, ma hanno anche penalizzato la capacità di focalizzarci su un argomento e approfondirlo. Così, mentre pensiamo di essere multitasking, abilissimi a gestire miliardi di informazioni e raccogliere solo ciò che ci interessa, in realtà stiamo perdendo chissà quanti contenuti degni di nota. E non mi riferisco solo alla content curation in senso stretto… ma anche alle conversazioni quotidiane.
Quante occasioni di confronto trascuriamo ogni giorno? E perché?
Ecco tre semplici situazioni-tipo in cui rispecchiarci:
Ascolto distratto: un collega si avvicina per esporre un problema e chiedere un consiglio. “Certo, dimmi pure!”… Nel frattempo, mentre controlliamo gli aggiornamenti su Facebook, arriva un’email… e poi “Toh! Guarda che tweet interessante! Ora lo inserisco tra i Preferiti”. Driiiin… squilla il cellulare: “Scusa un attimo, rispondo e torno subito da te!”. Il nostro collega avrà già smesso di parlare, magari dopo aver ripetuto più volte “mi stai ascoltando?”… e noi non avremo capito una parola, convinti però di essere stati attenti al suo discorso.
Ascolto disinteressato: nostra figlia ha intenzione di dirci che desidera frequentare un corso di chitarra. Prende parola a tavola, durante la cena. “Mamma, papà, oggi ho visto un volantino davvero interessante… attività extrascolastiche”… “Ah sì?”… “Oh, vedi c’è il telegiornale, alza il volume!”… “Ah, sì?”… “Mi passi l’acqua?”… “Oggi la riunione è stata davvero pesante, non si rendono conto!”… “Ah, sì?”… “Cosa dicevi, cara??!”… Tra un “ah, sì” e l’altro, avremo solo dimostrato di non essere minimamente interessati alle esigenze di nostra figlia. Rispetto alla situazione precedente, oltre ad essere distratti, dimostreremo di voler cambiare continuamente discorso, minimizzando ciò che l’interlocutore vuol comunicare, a favore di altri argomenti più importanti (dal nostro punto di vista).
Ascolto egoistico: supponiamo di dover avviare un progetto professionale e di far parte di un team di 5-6 persone. In questo caso, oltre a riproporsi spesso l’ascolto distratto, unito a quello disinteressato, potremmo assistere anche al cosiddetto atteggiamento “Parla, parla, tanto il tuo pensiero non conta”. Frequente peggio dei raffreddori stagionali.
Ciò avviene, di solito, quando si scontrano 2 diverse personalità: l’individuo calmo e riservato (che cerca di proporre un’idea, ma non è capace di valorizzarla e di imporsi quel tanto che basta per farsi notare) e l’individuo pieno di sé (che, inconsciamente ma neanche tanto, pensa di essere possessore di verità assolute, con idee sempre e comunque migliori di tutte le altre in gara).
Il primo parlerà a vuoto e il secondo non tenterà certo di capire le argomentazioni del collega: aspetterà semplicemente il proprio turno… per salire sul piedistallo.
Chi non ascolta, non comunica… e perde occasioni!
L’esperienza mi ha insegnato che quando non ci si ascolta seriamente, si può anche parlare per ore, ma non si comunica. In epoca di conversazioni digitali, spesso mi sento dire: “Eh, ma vuoi mettere un incontro faccia a faccia?”. Sicuramente confrontarsi di persona è fondamentale, ma posso garantire che la comprensione non è così scontata: siete mai stati al bar con qualcuno che, mentre dialoga con voi, consulta continuamente il cellulare, si gira ogni 2 minuti a osservare gli altri o parla continuamente senza darvi spazio? Ecco, se questo significa comunicare, tanto vale scriversi un paio di sms.
Sarebbe la stessa cosa.
Un po’ di concentrazione in più aiuterebbe a captare anche i messaggi non verbali: molte persone comunicano senza parlare, con un gesto, un post-it, uno sguardo… Sfumature che troppo spesso sfuggono, a chi è poco attento, creando fraintendimenti certi, musi lunghi e recriminazioni a catena.
Comprendere costa fatica e, ormai, quasi nessuno di noi spreca troppo tempo a conoscere l’altro, al di là delle apparenze. Siamo pieni di contatti superficiali e pochissime relazioni costruttive. Perdiamo potenziali amicizie e opportunità di crescita professionale.
Eppure, a sorpresa, dietro una persona apparentemente silenziosa potrebbe nascondersi una collaboratrice efficiente, l’amico scontroso potrebbe essere quello che, prima di tutti, accorre in caso di necessità. Anche il nostro istinto andrebbe ascoltato con più attenzione… Voi che ne dite?