Il sottile confine tra opportunità e opportunismo
L’opportunismo è un po’ come il prezzemolo: puoi trovarlo ovunque.
La persona opportunista è quella che agisce sempre per proprio tornaconto. Nonostante il vocabolario associ al termine “opportunismo” anche un altro significato meno negativo, legato alla capacità di cogliere un’occasione sfruttando il momento favorevole, il risultato è comunque lo stesso (secondo me).
Quando cerchi di trarre vantaggio da una difficoltà altrui, per esempio, o fai in modo di ottenere qualcosa forzando una situazione per raggiungere i tuoi scopi, il confine tra “opportunità” e opportunismo” diventa sempre più sottile. Di opportunisti è pieno il mondo, purtroppo, ma possiamo imparare a riconoscerli e arginarli. Ciò è indispensabile, soprattutto, se la noncuranza di chi approfitta si traduce rapidamente in una totale mancanza di rispetto per la dignità e i sentimenti di chi, suo malgrado, si ritrova coinvolto.
Opportunismo e lavoro di gruppo
Creare e gestire un gruppo di lavoro è piuttosto difficile. Se poi manca la voglia di confrontarsi e crescere insieme, perché ciascuno va avanti seguendo solo il personale interesse, il quadro si complica.
Per superare l’individualismo, che pare abbia preso il sopravvento, sarebbe sufficiente ricordare che “individuo” e “gruppo” sono due concetti complementari. A tal proposito, Thich Nhat Hanh, poeta e attivista per la pace, nel suo libro “Trasformare la sofferenza – L’arte di generare la felicità”, ha scritto:
Nell’azione collettiva si può vedere anche l’aspetto individuale: c’è chi si siede diversamente dagli altri, chi si concentra più facilmente, chi ha bisogno di maggiore sostegno. Nel collettivo possiamo vedere l’individuo, e l’individuo contiene in sé il collettivo. Non esiste l’individualità assoluta, così come non esiste la collettività assoluta.
– cit. Thich Nhat Hanh
Questa considerazione dovrebbe aiutarci a capire quanto sia inutile agire con egoismo e opportunismo, visto che i migliori risultati si potrebbero ottenere collaborando. Eppure, sappiamo bene quanto la realtà quotidiana, nella maggior parte dei casi, sia diversa.
È molto raro, infatti, non individuare, all’interno di un team, quella simpatica figura che cerca di ottenere un beneficio (temporaneo oppure a lungo termine) sfruttando la buona fede, il ruolo, i contatti, la fiducia, la disponibilità o, ancora peggio, l’errore di un collega. Il suo motto preferito? “Mors tua vita mea”.
Opportunismo e buone relazioni
Se è già desolante parlare di opportunismo in ambito lavorativo, lo è ancora di più se facciamo riferimento alle relazioni personali. Anche se, a pensarci con attenzione, analizziamo 2 facce della stessa medaglia.
Per favorire una pacifica convivenza professionale, infatti, è necessario creare un contatto, coltivare una relazione. Cosa c’è alla base di una buona relazione? Il dialogo. Cosa rappresenta il dialogo? La forma più semplice di comunicazione. Ebbene, è proprio la comunicazione che fa il gruppo: lo influenza, ne regola le dinamiche. Se è costruttiva genera unione, in caso contrario alimenta dissapori e risentimenti.
L’opportunismo è uno dei principali elementi di contrasto ed è pure democratico: si presenta in ufficio, a casa, al corso di yoga. Ovunque ci sia un legame, tra due o più persone e in qualunque contesto, ovunque ci sia un’opportunità da cogliere, ci sarà anche un margine di rischio: la concreta possibilità, in particolare, di assistere a comportamenti disonesti messi in scena per pura convenienza (e, spesso, contro di te).
Tante maschere, pochi volti: la sincerità è merce rara
Ho sempre mal tollerato l’opportunismo, specie quando si manifesta in modo subdolo, cioè mascherato da falsa amicizia. Pensi di aver costruito un rapporto sincero, basato sulla stima reciproca, sul rispetto, sulla benevolenza incondizionata… e poi ti rendi conto, all’improvviso, che il tuo interlocutore aveva altri programmi. C’è un elemento chiave che può aiutarti a fare chiarezza: la costanza. Ti spiego il motivo.
L’opportunista ha queste caratteristiche: appena raggiunto il suo obiettivo ti abbandona, oppure modifica il suo comportamento ogni 2×3. La continuità, insomma, non è il suo forte. Hai presente quelle persone che irrompono nella tua vita a intermittenza, come le lucine natalizie? Ecco. Non le senti per anni e poi, appena ritengono di poter ottenere qualcosa (perché hai iniziato a lavorare in un’azienda di loro interesse, perché hai contatti utili o hai comprato casa a New York), ritrovano il tuo numero e anche una buona dose di faccia tosta: “Carissimo/a! Come va? Sei stato/a sempre nei miei pensieri in questi mesi!”. Eh, come no.
La leggera ironia è voluta, ovviamente. Anche l’esempio un po’ grezzo. Il punto su cui vorrei invitarti a riflettere, però, è serio: se cogliere un’opportunità è legittimo, è altrettanto giusto utilizzare gli altri per i propri scopi? È corretto evidenziare lo sbaglio di un collega per conquistare una promozione? Oppure approfittare della generosità di un amico per ottenere un favore?
Che tipo di conversazione possiamo sostenere quando in tutto ciò che diciamo la sincerità è assente? Con quale coraggio possiamo giocare con i sentimenti di chi ci stima e ha fiducia nel nostro operato?
È vero, Pirandello ci aveva avvertiti… ma spero che, prima o poi, si possa invertire la tendenza e costruire una società diversa, più schietta, in cui incontrare finalmente “tanti volti e poche maschere”.