Provare meraviglia: ne siamo ancora capaci?
Molti pensano che provare meraviglia sia un atteggiamento infantile. Lasciare spazio allo stupore, invece, è una caratteristica delle persone vivaci, creative, curiose. È l’anima della ricerca: roba seria, insomma.
La parola “serendipità” – meglio nota con il termine inglese serendipity – rappresenta, in particolare, la fortuna di trovare qualcosa di bello che non stavi cercando. Per puro caso.
Essere ricettivi, aperti al nuovo, alle opportunità, alle scoperte inaspettate, significa aprire una finestra sul mondo, anche quando non hai la possibilità di viaggiare. La serendipità, per me, è uno stile di vita.
La nostra meta non è mai un luogo,
ma piuttosto un nuovo modo di vedere le cose.– cit. Henry Miller
Alla ricerca del proprio orizzonte
Abbandonare le cornici mentali con cui tendiamo a interpretare la quotidianità, diventare un po’ più visionari: questa è la filosofia operativa che cerco di trasmettere alle persone con cui lavoro o con cui ho modo di interagire. Perché spero sempre che provare meraviglia possa diventare un obiettivo comune: contro i pregiudizi, le etichette, la presunzione e quelle maledettissime consuetudini che ci costringono a guardare da una parte sola (escludendo tutto il resto).
Parliamo tanto di vision, ma abbiamo davvero consapevolezza del reale valore di questo strumento? Tempo fa ho letto da qualche parte (non ricordo più dove) che “la visione aziendale è come un orizzonte”. Cioè: qualcosa che vedi e, al momento, è troppo lontano da te, ma che cerchi comunque di raggiungere, immaginando cosa potrai trovare oltre la linea di confine. L’itinerario con cui sceglierai di avvicinarti al tuo orizzonte è la mission. Altri giri di parole sono superflui, questa raffigurazione spiega da sé il concetto.
Provare meraviglia, alimentare una visione
“Fate immaginare un mondo” è uno dei preziosi consigli che ho tratto da “Smarketing – Comunicazione per tutti i piccoli che hanno grandi cose da dire”: un libro che adoro, che mi ispira continuamente e in cui ritrovo ogni volta un po’ di me, del mio modo di pensare, vivere e lavorare.
[…] Chiudere le palpebre e vedere con gli occhi della mente. È un’abilità che stiamo disimparando man mano che intorno a noi aumenta il numero di immagini preconfezionate. […] sii visionario e fai “vedere”, fai immaginare quello che vuoi dire prima di annoiare l’uditorio con discorsi troppo astratti o tecnici: è molto più diretto e umano.
– cit. Marco Geronimi Stoll, in “Smarketing” (pag. 124)
Per alimentare la nostra visione non dobbiamo dimenticare cos’è lo stupore. Come fare? Semplice: da un lato è necessario tornare un po’ bambini (smettere di giocare non ci rende adulti migliori, anzi!) e dall’altro è fondamentale comportarsi come gli artisti e gli scienziati. Esplorare nuove bolle, porsi sempre nuove domande, fare ricerca, seguire un percorso tutto nostro e non quello già tracciato da qualcuno.
Non accontentarti, quindi: continua a cercare le tue risposte, le tue soluzioni. Raccogli i frammenti di ciò che sai, di ciò che puoi ancora imparare e di ciò che gli altri possono donarti.
Poi crea connessioni originali.
Per quanto difficile possa essere la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare.
Guardate le stelle invece dei vostri piedi.– cit. Stephen Hawking
Lasciarsi disorientare dalle piccole cose
Torniamo alla domanda iniziale. Siamo ancora capaci di provare meraviglia, oggi? In questo mondo in cui tutto sembra essere già accaduto, in cui pare non ci sia altro da inventare, in cui l’obiettivo è solo correre e arrivare per primi? Penso di sì, ma l’unica strada da seguire credo sia solo quella dell’abbandono.
Mi spiego meglio: la competitività, la smania di potere, di controllo, la ricerca di visibilità a tutti i costi, hanno portato tante persone a concentrarsi sulla destinazione, perdendo il gusto del viaggio.
Pensaci: se ti sposti in autobus o in treno, per esempio, vedi qualcuno guardare fuori dal finestrino? Temo di no. È molto più probabile che lo sguardo sia fisso su tablet, smartphone o pc portatile. Non c’è niente di male, eh! Però non possiamo nutrire l’immaginazione (che è il motore della creatività) senza staccare un po’ la spina. A volte, perdersi nei propri pensieri o discutere con chi viaggia vicino a noi può rivelarsi una fortuna! Possono nascere amicizie, collaborazioni professionali. O felici intuizioni.
Per riprendere il discorso della serendipità, posso dirti che una volta ho sbagliato strada e ho scoperto un posto bellissimo che, seguendo il navigatore, non avrei mai visto. È stato emozionante. Forse ho una concezione troppo romantica della vita, ma la naturalezza è ciò che caratterizza anche il mio lavoro.
Per questo sono d’accordo con Chomsky: scoprire è la capacità di lasciarsi disorientare dalle cose semplici. Tante piccole cose possono lasciarci senza parole (in senso positivo): un sorriso, una gentilezza inaspettata, un tramonto, un riconoscimento professionale. Quali pensi siano le tue?
Personalmente, continuerò a guardare fuori dal finestrino. C’è così tanto da vedere.
Il cielo, le stelle, il mare… e ispirazioni per nuove storie da raccontare.