Comunicazione inclusiva: aiutare senza discriminare
Una comunicazione inclusiva rispetta tutti i suoi destinatari. Tutti, lo ripeto.
Peccato, però, che il dialogo tra emittente e destinatario risulti spesso sbilanciato a favore del primo, che cerca di imporre il proprio punto di vista senza valutare peculiarità ed esigenze dell’interlocutore.
Il messaggio trasmesso rischia, così, di mancare l’obiettivo d’interesse (per es. informare, sensibilizzare, promuovere un’azione ecc.) generando, tra l’altro, tensioni e fraintendimenti, specie negli uffici pubblici.
Mancanza di informazioni semplici
Giorni fa mi hanno contattata per compilare dei moduli e mi hanno chiesto di andare personalmente all’ufficio X. Arrivata sul posto, per attendere il mio turno, ho dovuto stampare un ticket elettronico da un nuovo macchinario con schermo touch. Non c’erano istruzioni, solo alcune icone e una serie di opzioni disponibili da selezionare. Un pessimo esempio di comunicazione inclusiva, insomma.
Nessuno intorno a me sapeva come funzionasse questo sistema, alcune persone anziane erano in evidente difficoltà. Per non sbagliare, ho pensato di chiedere supporto al personale di passaggio.
La risposta ricorrente è stata:
Signora, ma è semplice, è intuitivo, è tutto scritto lì.
La complessità burocratica deriva dal dare per scontate troppe cose, soprattutto il fatto che “tutti capiscano tutto”. Senza informazioni su misura, chiare, comprensibili, attendibili e aggiornate, mi sembra utopico pensarlo. Aggiungo: per spiegare qualcosa a qualcuno devi prima capire a tua volta. Se non sai spiegare, però mi dici che è semplice… è perché, forse, non l’hai capito nemmeno tu.
Dire ai destinatari cosa fare
Quando la mia pazienza era ormai finita, un responsabile ha finalmente avuto la bontà di spiegare a tutti la procedura. Di “intuitivo” non c’era proprio niente, anzi. Le icone erano fuorvianti, soggette a svariate interpretazioni; era visibile solo un elenco di attività e per scoprire le mancanti era necessario far scorrere le dita sul menu, come fosse uno smartphone.
La signora più anziana mi ha ringraziata per aver cercato aiuto, altrimenti non avrebbe saputo come agire. Banalmente, sarebbe stato sufficiente proporre:
- un cartello scritto a mano, vicino alla macchina, con brevi indicazioni
- un opuscolo da distribuire per informare e descrivere le nuove procedure
- progettare diversamente la schermata touch, con simboli più semplici e una legenda.
In poche parole: sarebbe bastato descrivere in modo chiaro le azioni da compiere, con testi, illustrazioni, materiali comunicativi di facile accesso. Comprensibili anche ai bambini, per intenderci.
Comunicazione inclusiva per un target disomogeneo
Ci sono ambienti in cui è impossibile definire una “nicchia” a cui rivolgersi, ma è sbagliato utilizzare messaggi di tipo generalista, specie quando si parla di informazioni di pubblica utilità.
In questi casi il cosiddetto “target di riferimento” (e, quindi, le persone con cui dobbiamo interagire) è disomogeneo: per cultura, linguaggio, contesto di appartenenza, esperienze.
Valutare chi sono i riceventi, e come si esprimono, aiuta a capire cosa potrebbe risultare offensivo o discriminatorio nella comunicazione, aiuta a scegliere le parole giuste e condividere contenuti su misura, pertinenti e appropriati (considerando anche gli strumenti a disposizione).
Rispettare i destinatari
Quando ho fatto presente al responsabile che il nuovo sistema di prenotazione era poco intuitivo e di difficile comprensione, soprattutto per gli anziani, ho ricevuto questa risposta:
Non siamo più abituati a leggere, è tutto scritto, è semplice. Non possiamo scrivere anche per chi non sa leggere, ci sono le nuove tecnologie, il mondo cambia e dobbiamo adeguarci.
Cosa significa?! Le nuove tecnologie devono rappresentare una risorsa in più, un modo per semplificare alcune operazioni, non un nuovo strumento di esclusione e disinteresse per i soggetti più sensibili!
Avvicinare anche gli anziani all’utilizzo di internet è giusto, ma se per alcuni è faticoso stare al passo? Imporre certi sistemi a chi non è in grado di comprenderli pienamente (o di accedere ad essi) per vari motivi, senza studiare un percorso di accompagnamento e supporto, senza preoccuparsi di facilitare la comunicazione, sia online sia offline, penso sia un nuovo tipo di discriminazione sociale.
⇒ Un articolo per approfondire: Scrivere più chiaro. Perché non farlo, se tanti faticano a leggere?
– by Annamaria Testa, via “Nuovo e Utile. Teorie e pratiche della creatività”.